Oltre l’intervento chirurgico: Le crescenti evidenze a favore degli approcci non chirurgici per le lesioni del legamento crociato anteriore (LCA)
Le rotture del LCA sono una lesione comune nel sottogruppo più attivo della società. La gestione delle lesioni del LCA solitamente consiste in un intervento chirurgico precoce, seguito da un ciclo di fisioterapia. Ma è davvero questa la modalità migliore? Fornisce effettivamente il miglior risultato?
In questo blog, esploreremo più a fondo le evidenze più recenti sulla gestione non chirurgica delle lesioni del LCA, il concetto di guarigione del LCA e l’importanza del processo decisionale condiviso. Se vuoi saperne di più su questo affascinante argomento, assicurati di dare un’occhiata all’eccellente Masterclass di Kieran Richardson sulla Gestione Non Chirurgica delle Lesioni al LCA.
I tassi di ricostruzione del LCA sono molto alti nella maggior parte dei paesi occidentali. Tuttavia, una piccola parte del mondo occidentale si distingue per il suo alto tasso di gestione non chirurgica. I modelli sanitari scandinavi richiedono che i pazienti consultino prima uno specialista ortopedico non chirurgico. Dopo un esame approfondito, la maggior parte dei pazienti segue la strada “prima il fisioterapista” (“physio first”), il che porta ad un numero minore di interventi chirurgici.
L’approccio “prima il fisioterapista”
Il concetto di “prima il fisioterapista” non è qualcosa di nuovo. Nel 1994, Daniel e colleghi dimostrarono già che molti pazienti ottengono buoni risultati senza intervento chirurgico. Negli anni ’80, studi prospettici hanno mostrato che alcuni pazienti hanno effettivamente bisogno di un intervento chirurgico, mentre altri possono cavarsela molto bene senza. Ciò lascia la seguente domanda: possiamo identificare chi riuscirà a farcela senza chirurgia?
Si scopre che possiamo farlo, ma solo se passa abbastanza tempo. Se si concede ai pazienti un periodo di 6-12 mesi, la maggior parte riesce a recuperare.. Tuttavia, non possiamo prevedere chi farà bene fin dall’inizio. Fortunatamente, ci sono alcuni indicatori oggettivi che possono essere utilizzati per identificare chi ce la farà. I pazienti con meno di un episodio di cedimento, che ottengono un punteggio superiore all’80% nel 6m timed hop test, oltre l’80% nella sottoscala delle attività della vita quotidiana (KOS ADL) ed un punteggio globale della funzione del ginocchio superiore al 60%, tendono a fare bene a lungo termine.
Chirurgia vs trattamento conservativo
Uno degli studi di più alta qualità sulla gestione del LCA, il KANON trial, ha confrontato i risultati tra individui che hanno ricevuto un intervento chirurgico precoce seguito da fisioterapia e persone che hanno ricevuto prima fisioterapia supervisionata, con l’opzione di ricostruzione differita se necessario. Conclusero che la prima opzione non era superiore alla seconda e rilevarono risultati peggiori nel gruppo che aveva subito un intervento precoce. Tuttavia, notarono che molti partecipanti passavano dalla riabilitazione alla chirurgia a causa di convinzioni personali.
Oggi esiste ancora un forte pregiudizio verso la chirurgia precoce, poiché si pensa che sia necessaria per tornare all’allenamento normale e ottenere un risultato migliore. Questo dimostra quanto sia importante la mentalità e la psicologia per garantire un buon risultato e mette in evidenza il valore dell’educazione durante la riabilitazione. Una cosa rimane certa: sia la gestione chirurgica che quella non chirurgica comportano rischi, e nessuna delle due garantisce un ritorno sicuro allo sport, ma considerando la mancanza di evidenze che la chirurgia sia migliore, dare una possibilità alla fisioterapia e vedere chi riesce a farcela lungo il percorso è sicuramente un’opzione da considerare.
E per quanto riguarda il rischio di sviluppare osteoartrosi, ti potresti chiedere? Risulta che non ci sia alcuna differenza tra i sottogruppi trattati in modo conservativo e quelli operati, quindi questo non dovrebbe essere una scusa per un intervento precoce.
Gli LCA possono effettivamente guarire?
Un altro motivo per dare una chance alla gestione conservativa è la possibilità che il LCA guarisca da solo. Fino a poco tempo fa, si riteneva che un LCA rotto restasse tale per sempre, poiché privo di un adeguato apporto di sangue. Le prove recenti smentiscono questa affermazione, dimostrando che il LCA ha effettivamente un apporto di sangue, seppur molto ridotto.
Ci sono anche aneddoti su atleti professionisti che hanno avuto rotture del LCA che sono guarite nel tempo. Queste storie sono supportate da una revisione sistematica del 2021 che mostra che le rotture del LCA possono guarire. Il problema è che la qualità degli studi che dimostrano ciò è spesso piuttosto scarsa. Al contrario, non ci sono studi di alta qualità che dimostrano che i LCA non possono guarire. La ricerca è chiaramente ancora agli inizi e sono necessari studi di qualità superiore per dimostrare come aumentare le probabilità di guarigione.
Incognite e approccio collaborativo
È necessario l’uso del tutore? Che dire del carico del peso? L’unica cosa che possiamo dire con certezza è che il LCA è meno probabile che guarisca se non viene seguito un protocollo precoce, il che evidenzia l’importanza di iniziare la riabilitazione nella prima settimana e sicuramente non più tardi di tre settimane.
Sebbene ci siano molte ragioni per seguire un approccio “prima il fisioterapista”, questo non dovrebbe mai essere imposto a qualcuno. In definitiva, il paziente dovrebbe poter decidere ciò che è meglio per sé. Questo richiede un processo decisionale condiviso, in cui il paziente viene informato sui pro e i contro di entrambe le opzioni di trattamento, conosce le risposte a tutte le sue domande e non viene bombardato da parole e concetti difficili. In un mondo ideale, queste cose vengono discusse in modo approfondito, ma la realtà è che oggi i professionisti sanitari spesso trattano solo i punti essenziali in rapide consultazioni di 10 minuti.
Conclusione
Ci sono ancora molte incognite e aspetti da migliorare nella gestione delle lesioni del LCA, ma con tutto ciò che sappiamo oggi, possiamo affermare con sicurezza che un approccio conservativo dovrebbe diventare lo standard di riferimento, poiché i risultati sono uguali o addirittura migliori rispetto alla gestione chirurgica. Chi ha veramente bisogno di una ricostruzione rimane impossibile da prevedere, tutto ciò che sappiamo è che c’è una forte componente psicologica e che dobbiamo cercare di capire chi può diventare un “coper” e chi no. Questo richiede tempo e può essere fatto solo se i pazienti non vengono indirizzati troppo rapidamente verso la chirurgia.
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